Qual è il ciclo di crescita di una nuova impresa? Odpri
Ultima modifica: 13.01.2020

Nella fase iniziale, indicata solitamente come fase di start-up, il neo-imprenditore investe tutte le proprie energie nella ricerca e nello sviluppo dell'idea giusta, si dedica alla stesura del business plan e alla sua ottimizzazione, cercando di attirare le persone giuste affinché si uniscano a lui nella  realizzazione della sua idea. Lo sviluppo dell'idea commerciale e la stesura della bozza del business plan sono due processi creativi: per questo motivo questa primissima fase è caratterizzata dalla creatività. Questa può esprimersi su più livelli e l'idea vincente può nascere da una chiacchierata con gli amici al bar sotto casa, oppure può essere frutto di una grande visione elaborata in solitaria stando chiusi in casa per settimane. Nella fase creativa non c'è ancora nulla di definitivo, per questo è bene effettuare le ricerche di mercato il prima possibile per capire se si sta andando nella direzione giusta. Finita la fase creativa si giunge al prototipo o progetto pilota che comprende anche l'individuazione dei potenziali futuri clienti. In questa fase si sviluppa anche il business plan nel quale l'idea si concretizza in un'opportunità commerciale. Purtroppo questa è la fase in cui fallisce il maggior numero di start-up.

La fase successiva rappresenta il primo gradino di sviluppo dell'impresa. Questa fase si definisce anche fase di partenza (early stage) ed è orientata all'esecutività e al management. Qui la creatività passa in secondo piano e lascia spazio all'organizzazione, senza però dimenticare la flessibilità del team che rimane una caratteristica indispensabile in tutte le fasi del ciclo di vita di un'impresa. Nella fase di partenza si concretizzano le idee del business plan. La cesura più netta in questa fase è data dall'ambiente in cui si opera, infatti l'impresa ottiene uffici propri, si organizza per funzioni aziendali, inizia a formarsi un vero e proprio orario di lavoro e i fondatori iniziano a coinvolgere e a responsabilizzare il quadro direttivo. Mentre nella fase creativa è l'emotività ad essere in primo piano, la fase di partenza vede la rivincita del discorso razionale proprio del concetto stesso di management. In questa fase ci si dedica soprattutto agli aspetti gestionali improntati all'ottimizzazione, all'esecutività e alla realizzazione. In questa fase torna molto utile la conoscenza di materie economiche e gestionali applicate. In un momento così delicato per l'azienda molti imprenditori hanno difficoltà a passare dalla mentalità creativa a quella esecutiva. Questo passaggio diventa ancora più critico se nell'impresa subentrano investitori esterni.

La fase di partenza è seguita dalla fase di sviluppo e di espansione, in cui spesso si presenta il bisogno di ricorrere ad un management professionale esterno specializzato nella gestione dello sviluppo veloce. Non tutte le imprese scelgono la via dello sviluppo veloce, alcune si accontentano di un'espansione più graduale o addirittura non desiderano affatto crescere. Di solito si tratta di realtà minori, quali ditte individuali o a gestione familiare, che producono beni o servizi, spesso nel settore dell'artigianato. Esistono però anche imprenditori individuali con grandi ambizioni che non appena scorgono un'opportunità di crescita assumono nuovi dipendenti e allargano l'impresa a nuovi segmenti di mercato. Alcune imprese preferiscono dunque passare  immediatamente dalla fase di start-up alla fase matura, senza crescere, mentre altre cercano in tutti i modi di espandere la propria attività prima di passare alla fase matura. Nella fase matura si ha un'impresa che ha raggiunto il massimo livello di espansione, consolidato tutti i processi e ottenuto una grande quota di mercato nel settore di riferimento. In questa fase gli sforzi sono indirizzati all'ottimizzazione del sistema, del portfolio di prodotti e dello schema organizzativo nonché alla gestione delle risorse umane. La crescita dell'impresa rallenta notevolmente, il sistema è consolidato e gli sforzi possono essere concentrati sul fronte amministrativo.

Le fasi appena descritte sono una semplificazione del processo che vede determinate caratteristiche predominanti in determinate fasi del ciclo di vita di un'impresa: in realtà i confini fra le varie fasi sono spesso molto meno nitidi.  Anche un'impresa in fase matura deve infatti continuare a dedicarsi alla ricerca e allo sviluppo, ad essere creativa nelle innovazioni e deve mantenere una visione esecutiva della propria azione.

L'ultima fase del ciclo di vita di un'impresa è la fase di declino, cioè la fase in cui la curva di crescita inizia inesorabilmente a cadere, all'inizio lentamente, per poi accelerare sempre di più. Questa è la fase in cui solitamente si cede o vende l'impresa, che può essere assorbita in blocco da un sistema più grande oppure fatta “a fette” per vendere i singoli pezzi ad altre aziende che nutrono un interesse strategico. In questo modo si cerca di ottimizzare anche la fase di declino. Se la fase iniziale del ciclo di vita di un'impresa vede il confluire di capitale finalizzato alla crescita dell'impresa, la fase finale vede invece il defluire di capitale derivante dalla sua alienazione. Naturalmente un'impresa può anche finire in modo molto meno glorioso e proficuo, cioè spegnendosi lentamente fino ad estinguersi del tutto.

Cos'è la strategia di sviluppo monosettoriale? Odpri
Ultima modifica: 13.01.2020

Si ha uno sviluppo monosettoriale quando un'impresa decide di crescere nel settore in cui opera, sviluppandosi, ampliando la produzione e aumentando gli utili derivanti dalla vendita di uno dei suoi beni o servizi, all'occorrenza ricalibrando la produzione degli altri suoi prodotti.

Per uno sviluppo monosettoriale di successo devono sussistere le seguenti condizioni:
  • l'impresa deve avere un sistema di informazione tanto evoluto da garantire una buona panoramica della situazione attuale dell'impresa e degli eventuali progressi
  • la struttura organizzativa deve riconfigurarsi in funzione dei nuovi sviluppi
  • l'impresa deve concentrarsi su quei dipendenti che hanno un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi strategici aziendali
 

L'azienda deve fare particolare attenzione anche al potenziale di mercato (che deve essere abbastanza grande da soddisfare gli obiettivi di crescita aziendale), alla concorrenza (non deve essere troppo grande, altrimenti renderebbe difficoltoso l'aumento delle vendite), alle capacità produttive (devono essere abbastanza grandi da soddisfare un potenziale aumento di domanda), alla rete distributiva (deve essere adeguata al maggiore volume di vendita) e all'aumento del volume di vendita (non deve abbassare i prezzi dei prodotti a tal punto da rendere l'attività deficitaria).

Esistono due tipi di sviluppo monosettoriale, il primo prevede l'aumento della vendita e degli utili derivanti da essa, mentre il secondo prevede l'aumento del profitto. Entrambe sono una conseguenza dello sviluppo dell'impresa.

Cos'è la diversificazione? Odpri
Ultima modifica: 13.01.2020

Diversificarsi significa sviluppare nuovi beni o servizi da aggiungere al portfolio aziendale. Lo sviluppo aziendale basato sulla diversificazione è in genere più rapido dello sviluppo monosettoriale, ma espone l'azienda a rischi maggiori.

Diversificarsi significa andare a cercare nuovi prodotti o nuovi mercati espandendosi in altri settori, diversi dal proprio settore primario. Per fare un esempio concreto: un'impresa che produce carta vetrata può espandere l'attività in modo monosettoriale, cioè entrando in nuovi mercati e aumentando la produzione di carta vetrata, mentre se decide di aprire un ostello adotta la strategia di sviluppo basata sulla diversificazione, in quanto va a toccare un settore completamente estraneo al suo settore primario.

Possibili problematicità legate alla diversificazione:
  • L'attività non andrebbe mai diversificata se sussiste un qualsiasi problema con l'attività primaria, perché si rischia di concentrarsi troppo su un ramo d'azienda perdendo di vista l'altro.
  • La diversificazione presuppone che le altre attività aziendali godano di buona salute.
  • La diversificazione verso un settore di cui si sa troppo poco è un passo troppo azzardato.
  • L'attività non va diversificata senza una attenta valutazione delle possibili problematicità. Fondamentale è la percezione dei rischi.
  • Bisogna sempre minimizzare i rischi.

Cosa significa l'acquisto di un franchising? Odpri
Ultima modifica: 13.01.2020

Il sistema di franchising consente ad un imprenditore di utilizzare un bene o servizio e il suo sistema commerciale a determinate condizioni, sulla falsariga e sotto il nome di un altro proprietario. Il franchising è una formula di commercializzazione di beni e servizi (o tecnologia) basata sulla collaborazione stretta e continuativa fra due imprese giuridicamente e finanziariamente distinte e indipendenti, da una parte l'affiliante (franchisor) e dall'altra l'affiliato (franchisee). L'affiliante concede ai singoli affiliati il diritto e il dovere di commercializzare i suoi beni o servizi in modo fedele al concetto ideato dalla casa madre e di utilizzare il suo marchio, il know-how, le strategie commerciali, le tecnologie, i metodi di lavorazione e gli altri diritti di proprietà intellettuale. Il franchisor deve garantire al franchisee assistenza tecnica e professionale per tutta la durata del contratto di franchising e conformemente alle modalità concordate, mentre il franchisee è tenuto a pagare una commissione di ingresso (fee) e una quota periodica che può essere definita in termini assoluti oppure come percentuale sul fatturato (royalty).

Vantaggi e svantaggi della formula di franchising

Vantaggi
Svantaggi

meno rischioso della costituzione di un'impresa da zero

subordinazione all'affiliante

marchio affermato e prestigio del franchisor

il franchisor può pretendere l'acquisto della tecnologia di franchising a prezzi più alti di quelli di mercato

non servono conoscenze specifiche

controllo e supervisione da parte dell'affiliante

la formazione teorica e pratica sono a carico dell'affiliante

contratto difficilmente revocabile

assistenza professionale e assistenza al marketing da parte dell'affiliante

l'affiliato non ha autonomia decisionale, ma deve chiedere il benestare alla casa madre per qualsiasi modifica al processo commerciale

altri tipi di assistenza e consulenza da parte dell'affiliante

rischio di fallimento del franchisor

le attività di promozione sono solitamente a carico dell'affiliante

 

bene o servizio già affermato sul mercato

 

tutti i diritti connessi ai brevetti sono già in possesso della casa madre

 

efficacia testata del concetto commerciale

  

Come si effettua una cessione d'impresa? Odpri
Ultima modifica: 13.01.2020

La cessione d'azienda è un processo impegnativo e dispendioso in termini di tempo ed è spesso fonte di stress per imprenditori e azionisti. Per questo motivo il processo di cessione va gestito con la massima professionalità e trasparenza. I motivi più frequenti che spingono a cedere un'attività o una sua parte sono l'uscita di scena del proprietario di maggioranza oppure il desiderio dell'investitore finanziario di disinvestire. Affinché la cessione si riveli proficua, è bene chiarirsi le idee su alcuni punti. Chi vende deve infatti sapere, perché sta vendendo, a chi vuole vendere, a quali condizioni, e in quanto tempo. A tal proposito il proprietario può prepararsi uno schema in cui includere tutte le aspettative relative alla vendita ordinandole gerarchicamente in modo da avere le priorità nero su bianco. Per prima cosa deve capire se vuole vendere tutta l'azienda o solo un suo ramo, dopodiché deve decidere a chi la vuole vendere o trasferire: ad un dipendente, a terzi oppure a familiari (figli).

Per non arrivare impreparati al momento di cedere l'azienda, può essere molto utile iniziare a pianificare il suo futuro anche molti anni prima. Non c'è nulla di strano se un imprenditore inizia a ragionare sul futuro dell'impresa dopo che lui si sarà ritirato già 10 o addirittura 15 anni prima di ritirarsi. In questo modo ha a disposizione tutto il tempo necessario per trovare un successore (che può essere un membro della famiglia), per ponderare l'opzione di vendere l'impresa oppure semplicemente per trovare una persona adatta a sostituirlo nel ruolo di direttore.

Prima di iniziare il procedimento di cessione bisogna inoltre effettuare la valutazione del valore di mercato dell'azienda, cercare i potenziali acquirenti, prepararsi ai negoziati e trovare un'adeguata base finanziaria, fiscale e giuridica. Per fare tutto questo molti imprenditori ricorrono a consulenti esterni.

Come effettuare un trasferimento d'azienda tra familiari? Odpri
Ultima modifica: 13.01.2020

Per ogni imprenditore, prima o poi, arriva il momento in cui ritirarsi dagli affari. Se l’imprenditore decide di trasferire l'impresa ai suoi familiari, deve considerare gli interessi di tutta la famiglia per evitare situazioni di conflittualità. Il momento in cui il fondatore lascia le redini in mano agli eredi rappresenta un vero punto di cesura per l'azienda. La riuscita di questo passaggio dipende dalle personalità del fondatore e dei suoi eredi, dalle competenze degli eredi necessarie per il lavoro in azienda, dalla disponibilità e dalla volontà degli eredi di assumersi questa responsabilità.

Quando si trasferisce l'azienda a membri della famiglia, bisogna considerare soprattutto i seguenti punti:
  • Cultura familiare: ogni famiglia ha dei valori specifici propri. Il trasferimento dei valori tradizionali familiari sulle generazioni più giovani può avvenire mediante l'inserimento dei membri più giovani nei singoli processi aziendali sotto l'occhio vigile della generazione precedente o mediante l'iniziazione dei membri più giovani ad alcuni riti familiari, ma anche facendo loro familiarizzare con la storia familiare e quant'altro.
  • Assunzione dei familiari: si tratta di un argomento delicato che diventa ancora più spinoso quando la famiglia si allarga e cresce il numero dei potenziali candidati all'assunzione.
  • Premiazione dei familiari che lavorano nell'azienda: è un errore premiare i familiari in modo preferenziale, poiché una tale prassi è estremamente demotivante per gli altri dipendenti.
  • Ruolo dei nuovi membri della famiglia: in caso si trasferimento dell'impresa a più familiari, il patrimonio di essa va diviso in modo trasparente per evitare di incorrere in situazioni vischiose.
 
Il fondatore deve inoltre provvedere, finché è ancora in azienda e può esercitare potere, a strutturare l'azienda in modo adeguato e a stabilire determinate regole che garantiranno il funzionamento indisturbato dell'organizzazione anche dopo il suo ritiro. In tal senso può essere utile preparare preventivamente un programma di successione, nel quale considerare i seguenti fattori:
  • quale sarà il ruolo del fondatore dopo il trasferimento (continuerà a lavorare in azienda a tempo pieno, collaborerà saltuariamente oppure si ritirerà del tutto)
  • la dinamica familiare (è possibile che alcuni membri della famiglia non riescano a lavorare insieme)
  • gli utili distribuiti ai familiari e agli azionisti
  • il clima commerciale al momento del trasferimento
  • il trattamento da riservare ai collaboratori fidati
  • le conseguenze fiscali.
 

Il trasferimento dell'impresa ad un familiare può causare conflittualità non solo fra i membri della famiglia, ma anche fra gli altri dipendenti. Questo accade sovente quando la responsabilità della gestione passa ad uno degli eredi del fondatore che però non possiede le competenze necessarie. Per consentire al nuovo proprietario di essere all'altezza del suo ruolo è buona prassi responsabilizzarlo gradualmente. Al momento fatidico del passaggio del testimone il nuovo direttore dovrà familiarizzare con tutti i rami dell'azienda e dovrà prendere dimestichezza con tutte le attività aziendali. Per il nuovo direttore è fondamentale l'appoggio dei dipendenti storici, il cui aiuto si rivela molto prezioso in questa fase. Se possibile, è bene che il fondatore rimanga in azienda ancora per un periodo di tempo in qualità di consulente, supportando il nuovo direttore nel processo decisionale. Questo può talora essere fonte di conflittualità, ma allo stesso tempo può servire ad attenuare il malcontento dei dipendenti che vedono un rampollo inesperto mettersi al timone dell'azienda.

Come fare per trasferire l'azienda a terzi? Odpri
Ultima modifica: 13.01.2020

Se nessuno dei familiari desidera subentrare in azienda in qualità di nuovo direttore, il fondatore può scegliere fra tre opzioni:
  • qualificare il collaboratore più adatto e mantenere una porzione del capitale societario
  • mantenere il controllo e assumere un manager
  • vendere l'intera azienda.
 

La prima possibilità, vale a dire la cessione dell'azienda a uno dei dipendenti, è fra tutte la più semplice, in quanto l'esperienza del collaboratore è già di per sé una garanzia di successo, inoltre questo tipo di cessione permette una transizione più lenta con l'assunzione graduale della posizione dirigente da parte del nuovo leader. Il punto più delicato della cessione aziendale al dipendente è la questione della proprietà societaria. In genere il fondatore mantiene una parte della quota societaria, talvolta causando malcontento nel nuovo direttore che vorrebbe invece avere carta bianca e vedere l'ex proprietario relegato al ruolo di semplice azionista o socio di minoranza. Solitamente sono le risorse finanziarie del collaboratore e le sue esperienze manageriali a decidere sulla spartizione della proprietà societaria.

Che cosa sono le fusioni e le acquisizioni? Odpri
Ultima modifica: 13.01.2020

Due o più società distinte possono unirsi per mezzo di fusioni e acquisizioni. Si definisce fusione l'operazione con la quale due o più aziende si uniscono per formare un unico ente sociale. Le fusioni possono essere di due tipi: d'unione o per incorporazione. Si definisce fusione per incorporazione la situazione in cui l'azienda incorporante mantiene il proprio nome e la propria identità, assumendosi però tutti gli oneri e i mezzi dell'azienda incorporata. La società incorporante ha un marchio forte ed è superiore a quella incorporata in termini finanziari, tecnologici e di mercato. La fusione d'unione è simile alla fusione per incorporazione, con la differenza che nella fusione d'unione si costituisce un'azienda completamente nuova in cui le due aziende si estinguono, cessando di essere soggetti giuridici. Lo scopo della fusione è creare delle sinergie tra le imprese e aumentare la produttività.

Si definisce acquisizione, invece, una situazione in cui una società acquirente assume il controllo sulla società bersaglio mediante l'acquisto di azioni o di patrimonio. Le acquisizioni possono essere di tipo ostile o amichevole. Si ha l'acquisizione amichevole quando il management dell'impresa bersaglio è d'accordo con l'acquisizione, ostile nel caso in cui il management sia contrario.

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